Inaudito! C’è un dibattito sull’euro anche a sinistra
La settimana scorsa è accaduto l’inaspettato: nello schieramento
progressista si è finalmente aperto un dibattito sull’euro. Lo ha
promosso involontariamente Giorgio Lunghini, scrivendo per Il Manifesto un pezzo nel più puro stile catastrofista,
quello a cui ci hanno abituato, negli ultimi anni, gli economisti
Giannino e Barisoni, prima di avere un problema più urgente di cui
occuparsi: il dissesto del gruppo editoriale per il quale lavorano.
Sospetta è questa corrispondenza di amorosi sensi fra intellettuali di
sinistra e opinionisti organici al capitale, che pure si era manifestata
in passato, passando per lo più sotto silenzio. Ma a settembre 2016, è
ormai chiaro quanto preconizzavo su queste colonne il 25 giugno scorso
parlando di Brexit: certi scenari apocalittici sono destinati a
rivelarsi infondati, screditando la scienza economica. Forse per questo
sei economisti (Cesaratto, D’Antoni, Giacché, Nuti, Pini e Stirati), con
una scelta coraggiosa, hanno replicato dati alla mano per chiarire la
totale infondatezza dello scenario di Lunghini, secondo cui l’uscita
dell’Italia dall’euro causerebbe un crollo del Pil superiore a quello
determinato dal Secondo conflitto mondiale. Si è aggiunto al dibattito
Carlo Clericetti, chiedendosi nel suo blog Soldi e potere perché un
economista autorevole sia intervenuto “sparando cifre a casaccio”. leggi
Alberto Bagnai,
Il Fatto Quotidiano, 5 ottobre 2016
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